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Impostazione fatture professionisti

da | Nov 2, 2016 | Aggiornamenti

Introduzione
Spesso, nell’esercizio della propria attività professionale (soprattutto per chi è agli inizi ed ha poche competenze in materia fiscale), molte domande ci si pongono in merito alla corretta impostazione da dare alla fattura da emettere verso i propri clienti per le prestazioni eseguite.
Quando si parla di “corretta impostazione”, ovviamente, non si vuol fare riferimento al giusto format che occorre dare alla fattura (che può essere assolutamente libero), bensì a quali sono le voci che devono concorrere alla formazione dell’imponibile su cui calcolare l’IVA e la ritenuta d’acconto.
Le domande più frequenti possono essere le seguenti:

  • la ritenuta d’acconto devo applicarla sullo stesso imponibile su cui ho calcolato l’IVA?
  • la rivalsa del contributo previdenziale concorre alla formazione dell’imponibile IVA e della ritenuta d’acconto?
  • il rimborso spese escluso ex art. 15 D.P.R. n. 633/1972 concorre all’imponibile IVA?

Procediamo, dunque, nel rispondere ai predetti quesiti, più che con esposizione teorica, fornendo esempi pratici di impostazione della fattura, e da cui è possibile, ad occhio, evincere cosa deve o NON deve concorrere alla formazione dei vari imponibili.
In sede di premessa, è comunque, utile ricordare la regola fondamentale da seguire ai fini dell’emissione della fattura del professionista.
Questi operando in regime di cassa emette fattura al momento del pagamento dal parte del cliente del servizio prestato poiché è in tale momento che si ritiene verificato il momento impositivo.

La base imponibile IVA e ritenute di acconto
Per il professionista che opera in regime ordinario IVA, l’aspetto fondamentale è individuare la corretta base imponibile su cui applicare l’IVA (22%) e la ritenuta d’acconto (20%) che il committente/cliente (in qualità di sostituto d’imposta) gli dovrà poi versare entro il 16 del mese successivo al pagamento del corrispettivo.
Il professionista iscritto ad una forma previdenziale obbligatoria (cassa forense, Inarcassa, gestione separata, ecc.) esegue in fattura la rivalsa del contributo previdenziale. La percentuale di rivalsa può essere diversa a seconda della gestione previdenziale cui si è iscritti (ad esempio è del 4% per chi è iscritto alla gestione separata, oppure all’INARCASSA).

Domanda: Tale rivalsa concorre alla formazione dell’imponibile IVA e dell’imponibile su cui applicare la ritenuta d’acconto?

Risposta: La rivalsa concorre alla formazione dell’imponibile IVA ma non alla formazione dell’imponibile su cui applicare la ritenuta d’acconto (in altre parole la rivalsa concorre alla formazione del volume d’affari IVA ma non costituisce reddito per il professionista).

Esempio: fattura di un architetto, in regime IVA ordinario, supponendo un onorario di 1.000 euro.

Imponibile:                                                                                  1.000 euro
Contributo integrativo 4% Inarcassa su 1.000 euro               40 euro
IVA 22% su 1.040 euro                                                           228,80 euro
Ritenute d’acconto IRPEF 20% su 1.000 euro                 -200,00 euro
Netto da pagare                                                                     1.068,80 euro

Se poi sono presenti anche spese che il professionista anticipa per conto del cliente per poi riaddebitarle a questi in fattura (come ad esempio i valori bollati – spese esenti ex. Art. 15 D.P.R. 633/1972), tali spese:

  • non concorrono all’applicazione della ritenuta d’acconto;
  • non concorrono alla formazione della base imponibile per il calcolo della rivalsa previdenziale;
  • non concorrono alla formazione della base imponibile IVA (art. 15 D.P.R. 633/1972).

Occorre sottolineare che se il cliente è un committente senza partita IVA, il professionista in regime ordinario IVA, non deve applicare alcuna ritenuta d’acconto in fattura e ciò, in quanto, il committente in tal caso non assume le vesti di sostituto d’imposta.

Per Avvocati e Studi Legali è da considerarsi la possibilità di includere o meno in fattura le spese generali ex. art. 13, comma 10, L. 247/2012, la cui misura è stabilita nell’art. 2 del D.M. n. 55/2014.
Infatti, a Legge Forense (31 dicembre 2012, n. 247) stabilisce che “Oltre al compenso per la prestazione professionale, all’avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell’interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfetarie”. L’art 2 del D.M. n. 55/2014 in Gazzetta Ufficiale dal 02.04.2014 ha stabilito che detto rimborso venga determinato di regola nel 15% della somma spettante a titolo di compensi. Che siano evidenziate a parte, o che siano già sommate ai compensi, detti rimborsi spese, come le altre spese imputabili alla pratica ma non costituenti “anticipazioni” vanno assoggettate a contributo Cassa Forense ed IVA, esattamente come i compensi.

Esempio: impostazione di fattura avvocato in regime ordinario IVA, verso cliente/committente a sua volta soggetti IVA.

Onorari                                                                                  4.000 euro
Spese generali ex art. 13 (15% su onorari)                        600 euro
Cassa Avvocati (4% su 4.600)                                        184,00 euro
Totale Imponibile                                                           4.784,00 euro
IVA 22% su 4.784,00                                                      1.052,48 euro
Spese esenti ex art. 15 DPR 633/72                                200,00 euro
Totale documento                                                           6.036,48 euro
A dedurre ritenuta d’acconto 20% (su 4.600)             920,00 euro
Netto a pagare                                                                  5.116,48 euro   

Professionista in regime di vantaggio o forfettario

Per il professionista che opera in regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (ex contribuenti minimi) o nel nuovo regime forfettario, come si sa, questi devono emettere fattura sempre senza IVA e senza applicare la ritenuta d’acconto (è quanto espressamente previsto per tali regimi).
In tal caso, dunque, particolare attenzione occorre prestare alla corretta dicitura da riportare in calce alla fattura.

Dicitura proffesionista in regime di vantaggio:

“Compenso non assoggettato a ritenuta d’acconto ai sensi dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011. Operazione effettuata da soggetto appartenente a regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e per i lavoratori in mobilità di cui all’art. 27 commi 1 e 2 D.L. 98/2011”.

Dicitura proffesionista in regime forfettario:

“Operazione effettuata ai sensi dell’art. 1, commi da 54 a 89 della Legge n. 190/2014 non soggetta a ritenuta d’acconto ai sensi del comma 67 della Legge n. 190/2014 – Regime forfettario”.

Spese di vitto e alloggio
Per i “rimborsi a piè di lista” relativi a spese sostenute dal professionista per lo svolgimento della propria prestazione professionale verso il committente, come le spese di viaggio, vitto e alloggio, sostenute fuori dal Comune di domicilio fiscale e delle spese a “forfait” non analiticamente documentate quali le indennità di trasferta, i rimborsi chilometrici, le spese di studio, in genere, a differenza di quanto accade per le spese anticipate per conto del cliente, i documenti di spesa sono intestati al professionista stesso, il quale poi se li fa rimborsare dal cliente/committente indicandoli in fattura.
Dunque, (sempreché il documento di spesa sia intestato al professionista), le indennità di trasferta, indennità di viaggio e rimborsi chilometrici non documentati, diarie; le spese di vitto e alloggio documentati, le spese di viaggio e soggiorno sostenute fuori dal Comune di domicilio fiscale, valgono le seguenti regole:

  • concorrono alla formazione dell’imponibile su cui calcolare la ritenuta d’acconto;
  • concorrono alla formazione dell’imponibile IVA;
  • concorrono alla base imponibile per il calcolo della rivalsa previdenziale.

Ciò è dovuto al fatto che, in base all’attuale normativa, qualora il documento di spesa sia intestato direttamente al professionista, la spesa stessa (riaddebitata poi in fattura al committente), costituisce compenso per il professionista.
Tuttavia, al professionista è riconosciuta la possibilità di dedurre tali spese dal proprio reddito di lavoro autonomo, nella misura del 75% della spesa sostenuta e non oltre il 2% dei compensi percepiti durante l’anno.

Cosa diversa, invece, è quando il documento di spesa è intestato al committente/cliente. In tal caso, le spese in esame non costituiscono compenso per il professionista, e di conseguenza, questi come tali non dovrà per nulla riportarle in fattura. Tale regola vale però solo per le spese di vitto e alloggio. Per quelle di trasposto, invece, soggiacciono alle stesse regole previste nel caso in cui il documento di spesa sia intestato direttamente al professionista.

 

Spese vitto e alloggio
Intestazione Regola
Documento intestato al professionista e poi riaddebitate in fattura al cliente Le spese di vitto e alloggio costituiscono compenso per il professionista con possibilità di deduzione della spesa nella misura del 75% non oltre il 2% dei compensi percepiti durante l’anno.
Documento intestato al committente Le spese di vitto e alloggio non rappresentano compenso e come tali non vanno riportate in fattura

(sono deducibili direttamente dal committente che le ha sostenute).

 

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