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La residenza fiscale in Italia

da | Set 16, 2022 | Aggiornamenti

La residenza fiscale indica la potestà impositiva di un Paese su un soggetto. L’art. 3, comma 1, del TUIR dispone che, per le persone fisiche fiscalmente residenti in Italia, l’imposta sui redditi si applica sull’insieme dei redditi percepiti, indipendentemente da dove questi siano prodotti, mentre per i soggetti non fiscalmente residenti in Italia l’imposta si applica solo sui redditi prodotti in Italia.

Si considera fiscalmente residente in Italia chi per la maggior parte dell’anno (almeno 183 giorni l’anno, 184 in quelli bisestili):

  • è iscritto nell’Anagrafe delle persone residenti in Italia, oppure
  • ha il proprio domicilio o la propria dimora abituale in Italia.

L’art. 2, comma 2, del TUIR considera infatti residenti in Italia “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”. Le tre condizioni sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato, per la maggior parte del periodo d’imposta, uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento tale persona può essere ritenuta non residente in Italia.

Sono, inoltre, considerati fiscalmente residenti in Italia i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con il decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999 e successive modifiche ed integrazioni.

Ai fini del conteggio dei giorni all’estero, la circolare n. 201 del 17 agosto 1996 afferma che bisogna utilizzare il criterio della effettiva presenza fisica. A tale riguardo rilevano:

  • la frazione di giorno;
  • il giorno di arrivo e di partenza;
  • i sabati e le domeniche se vengono trascorsi nello Stato in cui l’attività viene esercitata;
  • gli eventuali giorni festivi trascorsi nel territorio italiano prima, durante e dopo l’attività lavorativa;
  • i periodi di pausa durante l’attività lavorativa trascorsi nel territorio italiano.

In caso di trasferimenti in corso d’anno, se il soggetto risiede in Italia per meno di 183 giorni (184 per anni bisestili), la suddivisione in due parti del periodo d’imposta è riconosciuta solo nelle Convenzioni internazionali contro la doppia imposizione con la Svizzera (art. 4, Convenzione tra Italia e Confederazione svizzera) e con la Germania (punto 3 del Protocollo alla Convenzione tra Italia e Repubblica federale di Germania), come specificato dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 471/E del 3 dicembre 2008.

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